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Hotel di Lusso a Milano: i dieci 5 stelle con il prezzo medio più alto della città

Con oltre 400 hotel presenti in città tra proprietà indipendenti e catene internazionali, Milano, oltre ad essere una delle città con la maggiore crescita per le performance alberghiere negli ultimi 10 anni, dopo Expo 2015 si è definitivamente affermata come una delle nuove capitali del turismo italiano.

Non potendo fare un’analisi dell’intera città, per via della forte segmentazione dell’offerta, per l’analisi di posizionamento abbiamo scelto un focus sul lusso, scoprendo che, da Booking.com risultano, ad aprile 2024, 28 hotel a 5 stelle.

In base ricerche effettuate per prezzo a notte in camera doppia, abbiamo individuato i 10 hotel con il prezzo medio più alto della città, per provare a comporre un’immaginaria piramide del lusso della metropoli meneghina.

Bulgari Hotel

Nascosto in un tranquillo giardino privato nel centro di Milano, il Bulgari Hotel è un rifugio di lusso che promuove una sensazione di esclusività e privacy.
Il suo design minimalista e i materiali di pregio attirano un pubblico alla ricerca di eleganza sobria e raffinata.

Four Seasons Hotel

Situato in un ex convento del XV° secolo, il Four Seasons combina storia e lusso moderno. Le sue camere riflettono un equilibrio tra comfort antico e design contemporaneo.
Situato nel cuore del Quadrilatero della Moda, l'hotel si posiziona come una destinazione per chi cerca una fuga lussuosa nel cuore pulsante della moda milanese.

Armani Hotel

Riflettendo la filosofia di Giorgio Armani, questo hotel offre un'esperienza di soggiorno dove ogni dettaglio è stato curato dal celebre designer.
Con la sua posizione nel prestigioso quartiere di Via Manzoni, l'Armani Hotel si posiziona per attrarre una clientela fashion-forward.

Mandarin Oriental

A pochi passi dal teatro alla Scala, il Mandarin Oriental offre un'esperienza che fonde l'ospitalità orientale con il glamour milanese.
L'hotel si rivolge a viaggiatori globali che apprezzano servizio impeccabile e design sofisticato.

Park Hyatt

Situato vicino al Duomo, il Park Hyatt si distingue per le sue spaziose camere e per un'offerta culinaria di alto livello.
L'hotel rappresenta la scelta ideale per chi cerca un'esperienza di lusso nel cuore storico e culturale di Milano.

Palazzo Parigi Hotel & Grand Spa

Questo hotel si eleva nel mercato per il suo grandioso design e una spa di lusso, offrendo trattamenti esclusivi.
Situato nel quartiere artistico di Brera, Palazzo Parigi attrae chi cerca cultura e relax.

Palazzo Cordusio Gran Melia

La prima struttura Gran Meliá a Milano si distingue nella città della moda, unendo lo stile italiano e l'essenza della capitale lombarda. Situato nel cuore di Milano, l'hotel è una porta d'accesso al ricco patrimonio culturale della città. Contribuisce alla rinascita di Piazza Cordusio e offre una cucina italiana e internazionale, con una vista panoramica a 360 gradi su Milano.

Grand Hotel et de Milan

Vicino al teatro alla Scala, è noto per il suo stile classico e il famoso ristorante Don Carlos.
Il Grand Hotel si posiziona come un ritorno all'epoca dorata milanese, attrattivo per chi apprezza la storia e la cultura

Principe di Savoia

Conosciuto per il suo approccio tradizionale al lusso, il Principe di Savoia offre una combinazione di charme storico e moderni comfort.
L'hotel si trova vicino alla stazione centrale, rendendolo accessibile e desiderabile per viaggiatori d'affari e di piacere.

Excelsior Hotel Gallia

Un'icona di stile a Milano, l'Excelsior Hotel Gallia è famoso per il suo design avanguardistico e le suite lussuose.
La vicinanza alla stazione centrale lo rende strategico per incontri di affari e conferenze internazionali.

Ok, ora l’elenco è completo, sei rimasto sorpreso? Quanti di questi hotel avevi già identificato?

Ti capita mai quando stai viaggiando per piacere o per lavoro di analizzare gli hotel della città in cui ti trovi?

Se non l’hai mai fatto ti consiglio di provare perché, oltre ad ottenere preziosi spunti di ispirazione, ti alleni a riconoscere i diversi elementi di posizionamento, cogliendo ogni volta maggiori sfumature che arricchiranno la tua conoscenza del marketing alberghiero.

Se ti piacerebbe leggere un articolo simile con l’analisi di un’altra città scrivici a info@albergatorepro.com!

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Proprietà e gestione: divisione tra eredi

Dato che ultimamente mi capita almeno una volta a settimana di affrontare i problemi derivanti dalla questione “eredità”, ho deciso di condividere la mia esperienza nella speranza possa essere utile a qualcuno.

Nella fattispecie, la situazione in assoluto più complessa si verifica quando diversi eredi, che hanno fatto scelte di vita diverse, risultano essere ugualmente soci di una società a cui fanno capo sia la proprietà dell’immobile, sia la gestione alberghiera.

Per prima cosa fughiamo ogni dubbio: tolte le questioni emotive, questa soluzione a lungo termine è assolutamente insostenibile, sia per questioni di responsabilità, che di merito.

Infatti, se da una parte l’albergo può essere considerato alla stregua di una qualunque proprietà immobiliare da dividere equamente, dall’altra è a tutti gli effetti un’AZIENDA da gestire secondo determinati criteri di merito.

La faccio più semplice.

Se ci sono tre fratelli (o due fratelli e un coniuge), ma SOLO UNO gestisce di fatto l’azienda, la cosa giusta da fare è SEPARARE la proprietà dell’immobile dalla gestione alberghiera.

In pratica, l’unico erede che gestisce crea una società di gestione (preferibilmente una S.r.l.) capace di prendere in affitto l’azienda alberghiera, riconoscendo poi alla società proprietaria dell’immobile un canone di mercato (eventualmente al netto di quanto gli spetta per le sue quote dell’immobile).

Esempio: se sul mercato un hotel vale €200.000 di canone, chi lo gestisce crea una società di gestione con la quale paga il canone alla società che detiene l’immobile.

Nel caso in cui, ipoteticamente, fosse proprietario di 1/3 dell’immobile, potrebbe riconoscere un canone pari a €133.000 (200/3*2).

In questo modo il gestore sarebbe totalmente autonomo nelle scelte operative: cambiare o non cambiare le tv, assumere o non assumere il cugino, investire o dividere gli utili.

Allo stesso tempo, gli altri soci percepirebbero una rendita nella forma di canone sufficiente per far fronte al pagamento di IMU e manutenzioni straordinarie.

Se, invece, il canone fosse pagato per intero a causa di rate pregresse particolarmente impegnative, sarebbe doveroso inserire all’interno dello stesso una quota % da destinare al mantenimento dello standard.

A tal proposito, nei contratti di management internazionali, esiste un’apposita clausola definita FF&E (Furniture, Fixture & Equipment) che regola gli standard in termini di impianti, mobili, arredi e attrezzature.

In questo modo una quota del canone viene accantonata ogni anno con lo scopo di creare una riserva finalizzata al mantenimento della competitività della struttura. Il tutto senza creare una ogni volta dispute sulle singole scelte.

In assenza di questo tipo di accordi, la “coabitazione” forzata crea una trafila infinita di fastidi da entrambe le parti che finiscono con il logorare i rapporti fino a trasformarsi in vere e proprie guerre di successione.

Chi non gestisce, infatti, non vorrà mai cambiare il forno “perché quello che abbiamo funziona benissimo”, mentre chi gestisce finirà per accumulare un fastidio inguaribile nei confronti dei fratelli che “in estate vanno al mare mentre io sto qui a spaccarmi la schiena”.

Ovviamente la questione è delicata e va affrontata con il massimo della sensibilità facendosi supportare da professionisti super-partes ma, nel grosso… la soluzione è tutta in questo post.

Ogni tentativo di gestirla in modalità “fatebenefratelli”, per quanto animato da buona fede iniziale, si tramuterà in una faida che finirà per rovinare affari e famiglia.

Poi non dite che non vi avevo avvisato.

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Perché devi pensarci molto bene prima di trasformare il tuo "hotel per famiglie" in "family hotel"?

Eccoci di nuovo qua ragazzi.

Dopo aver svelato gran parte del programma del Corso 2023, possiamo commentare la Pasqua “invernale” appena trascorsa, che per molti albergatori rappresenta il primo vero intermedio del periodo estivo.

Partiamo dai dati di fatto.

Il meteo è stato rigido quasi ovunque, con temperature decisamente inferiori rispetto alla media. Questo ha comportato un buon finale di stagione invernale in montagna, ma ha creato non pochi di disagi agli hotel di mare.

Se caso mai ne avessimo avuto bisogno, è stata l’ennesima dimostrazione di quanto, nel nostro settore, il fattore psicologico contribuisca al giudizio complessivo dell’esperienza vissuta.

Infatti, come dicevano i vecchi saggi: “negli hotel di mare con il freddo le camere sembrano più piccole, i risotti più insipidi e il parcheggio troppo lontano. Stessa cosa che succede in montagna senza neve”.

Ciononostante, i prezzi sono cresciuti, l’occupazione è stata comunque buona e il bilancio complessivamente positivo. Ecco perché, con la prua dritta verso l’estate, colgo l’occasione per analizzare insieme a voi uno dei “nuovi trend” dell’ultimo periodo.

Parliamo di family hotel.

E’ ormai evidente che, in un mercato sempre più saturo e competitivo, è fondamentale definire un posizionamento in termini di marketing per il proprio hotel e identificare il target principale a cui rivolgere i propri servizi.

Chi mi conosce sa che questi sono concetti che portiamo avanti da anni, da quando nel 2015 parlare di brand e hotel nella stessa frase, in Italia era pura fantascienza.

Detto ciò, noto con piacere che il mercato sta maturando e che molti albergatori sono sempre più consapevoli. Proprio per questo, dato che alcuni concetti teorici sono entrati nella cultura collettiva, è il momento di fare un ulteriore step in modo da fare una distinzione precisa tra la teoria e la pratica.

Partiamo dai numeri.

Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia esistono 25 milioni di famiglie per una media di 2,3 persone per nucleo. Parliamo quindi di circa 57.000.000 di persone su un totale di 60 milioni di abitanti.

Capirai bene che, in un contesto del genere, pensare di non lavorare con le famiglie è praticamente impossibile.

Anzi, iper-semplificando, possiamo dire che TUTTI gli hotel lavorano con famiglie, solo che in alcuni casi i membri si muovono separatamente rispetto al nucleo. Pensate ad esempio ai 18enni che fanno parte di un nucleo familiare, ma viaggiano con amici, oppure alle coppie di genitori che si concedono un week-end di relax, lasciando i figli ai nonni.

Tuttavia, esiste una grande differenza tra hotel che lavorano con le famiglie, hotel per famiglie e family hotel.

Cerchiamo ora di coglierne le differenze.

Se, come abbiamo visto, tutti gli hotel “lavorano con le famiglie”, direttamente o indirettamente, possiamo definire “hotel per famiglie” quelli che ospitano abitualmente nuclei familiari congiunti, senza impostare il proprio posizionamento in maniera esplicita.

Questo può accadere per diverse ragioni più o meno sensate:

  • numero di camere multiple marginale rispetto al totale (o insufficiente in generale);
  • scarsa predisposizione del gestore al marketing;
  • impossibilità di adeguare struttura e servizi alle esigenze specifiche di un target ben definito.

Come è facile intendere, modificare il numero di camere multiple non è qualcosa che si può fare dall’oggi al domani senza un’importante ristrutturazione. Ciò non di meno, con la dimensione media degli hotel italiani, pari a 33 camere, c’è da aprire una parentesi importante sui volumi. Infatti, anche un hotel con il 100% di camere multiple, su un totale di 33, nella maggior parte delle destinazioni turistiche non sarebbe in grado di sviluppare un fatturato sufficiente per giustificare gli investimenti necessari ad adeguare i proprio servizi creando un incremento di margine.

Perché, ripetiamolo insieme a chiare lettere, qualsiasi scelta strategica in termini di marketing ha come obiettivo finale l’incremento del margine per il gestore.

Ovviamente questo non sarà automatico e il processo segue tipicamente uno schema logico-cronologico:

  • incremento investimenti (marketing, adeguamenti strutturali, implementazione servizi);
  • incremento fatturato (maggiore occupazione, retta media più alta);
  • incremento del MARGINE.

Ora, se anche venisse fatto tutto bene da un punto di vista teorico in termini di marketing e si prevedessero i giusti investimenti, capisci bene che nessun imprenditore degno di essere definito tale dovrebbe accettare una sfida simile solo “per essere classificato tra i primi 10 hotel family in Italia”.

In azienda gli investimenti si fanno con lo scopo di far crescere e consolidare il proprio business, in modo tale da incrementare i margini da reinvestire e distribuire ai soci. Il resto è demagogia da teorici e pseudo esperti che NON hanno MAI PRESO un bilancio in mano in vita loro o, se l’hanno preso, non hanno capito da che parte si legge.

Spoiler… Si legge dalla fine.

Non a caso, gli hotel leader di mercato nella categoria family sono hotel di grandi dimensioni o, ancora più spesso, hotel di grandi dimensioni facenti parti di gruppi strutturati (di 6-7-8-10 hotel).
Questo permette loro di fare economia di scala, di individuare le destinazioni maggiormente premianti per il mercato di riferimento e di continuare a fare acquisizione di hotel con un significativo numero di camere multiple e precisi requisiti strutturali (spazi interni ed esterni).

Archiviata quindi la questione relativa ai limiti imposti dal numero di camere, passiamo ai punti successivi.

Per quanto riguarda la predisposizione al marketing mi piace pensare che, se stai leggendo questo post, tu abbia la giusta predisposizione e sia consapevole dell’importanza di definire un posizionamento chiaro e un adeguato set di servizi.

Vediamo quindi ora quali sono le aspettative in termini di servizi dei clienti che sono attratti dal posizionamento di un family hotel.

Animazione: un family hotel si contraddistingue per l’offerta di intrattenimento che offre ai piccoli ospiti, oltre che ai loro genitori.

Il “problema” in questo caso è che il mondo è sempre più globalizzato, i viaggiatori sono sempre più consapevoli delle proprie esigenze e le aspettative sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi anni.

Oggi avere un’animatrice ore pasti, per un hotel che si definisce “family”, equivale a dichiarare di avere una palestra, offrendo una cyclette e una macchina multifunzione arrugginita in una saletta 3×2, al piano interrato e senza finestre.

Sei fuori mercato.

Non a caso i leader di mercato offrono un servizio di animazione professionale “all-day-long” dalle 09.00 del mattino fino a dopo cena. Ovviamente tutto questo ha un costo sia economico (parliamo di cifre a 4 zeri), sia in termini di gestione relativa a reclutamento e formazione dello staff, oltre che scelta del fornitore e supervisione del servizio.

Di nuovo, questi costi sono relativamente facili da assorbire per hotel di grandi dimensioni e gruppi, praticamente insostenibili per hotel indipendenti con meno di 40 camere multiple.

Servizi di ristorazione dedicati: se decidi di trasformare la tua struttura in un family hotel, devi sapere che cambiano anche le aspettative degli ospiti in termini di ristorazione.

I leader di mercato infatti offrono merende gratuite mattino e pomeriggio, possibilità di scaldare il biberon h24, richiedere pappe e brodini per lo svezzamento, menù dedicati a pranzo e a cena, variazioni sempre disponibili, oltre alla possibilità di affidare i bambini agli animatori duranti i pasti per concedere ai genitori un momento di relax.

Spazi e requisiti strutturali: anche le caratteristiche strutturali dell’hotel rappresentano un elemento discriminante per il successo del formato.

  • Piscina/e;
  • spazi all’aperto per giochi gonfiabili e attività di intrattenimento;
  • spazi all’interno per giochi da tavolo, visione di film e cartoni, ma anche videogames, salette dedicate a pranzi e cene, spazi per il deposito di passeggini, lavatrici e asciugatrici a disposizione per gli indumenti da bambini, etc.

Considera che questi sono solo alcuni dei servizi offerti dai leader di mercato con cui ti confronterai nel momento in cui deciderai di affacciarti esplicitamente al mercato dei family hotel.

Capisci bene che, per la maggior parte degli hotel italiani (edifici verticali terra-cielo,) è letteralmente impossibile adeguarsi a certi standard.
Quindi, se fino ad oggi hai lavorato in maniera ibrida ospitando famiglie e coppie, senza andare all-in su un certo target, non è detto che tu abbia sbagliato.

Infatti, se decidi di trasformarti in family hotel senza averne i requisiti, quello che succede solitamente segue uno schema di questo tipo:

  • inizi una comunicazione più decisa e precisa rivolgendoti ad un target più esigente e consapevole;
  • cominci ad avere difficoltà a vendere le camere perché il tuo messaggio di marketing ormai definito squalifica quel tipo di ospite;
  • inizi ad attirare ospiti più esigenti e consapevoli che hanno già scelto in passato hotel family e questa volta decidono di cambiare poiché attratti da un prezzo più basso (ovviamente offrendo meno non potrai vendere allo stesso prezzo dei leader);
  • tenti di adeguarti allo standard investendo in servizi di animazione e in attrezzature che gli spazi della tua struttura ti consente di ospitare;
  • gli ospiti arrivano e trovano grande divario tra aspettative ed esperienza , iniziando a lamentarsi, rovinando il clima generale della struttura e mettendo sotto stress lo staff che, per quanto faccia i salti mortali, non è in grado di compensare le mancanze strutturali;
  • dopo pochi mesi ti trovi con più costi, più presenze, più problemi, più stress e forse più fatturato;
  • una volta chiuso il bilancio ti rendi conto che tutto il tempo che hai dedicato al progetto, le tue aspettative, gli investimenti economici, l’attenzione e gli sforzi si sono tradotti in un utile inferiore rispetto agli anni precedenti;
  • la frustrazione ti accieca e pensi che il family hotel non è una vera opportunità di business, ma un errore fatale che ti è costato decine di migliaia di euro.

Ora, meglio specificare che quello che ti ho descritto è il peggiore scenario possibile e sicuramente non quello che accade nel 100% dei casi. Altrettanto sinceramente, però, devo confessarti che questo scenario si manifesta molto più spesso di quanto tu creda.

Inoltre, quando un albergatore che ha vissuto questo tipo di esperienza bussa alla porta di Albergatore Pro, l’unica cosa che possiamo consigliargli è di abbandonare quella strada perché non ci sono i presupposti di fattibilità. Cosa che ovviamente avrebbe potuto e dovuto fare anche il consulente di marketing che lo ha accompagnato sulla stessa strada.

Ecco qual è la differenza principale tra Albergatore Pro e la maggior parte delle agenzie di marketing che puoi incontrare sul mercato.

Quello che noi offriamo è una consulenza IMPRENDITORIALE che parte dal risultato atteso e verifica la fattibilità in funzione della destinazione e delle caratteristiche dell’hotel, valutando le diverse strategie applicabili.

Questo è il vantaggio che deriva dall’esperienza: aver lavorato per 20 anni in TUTTE le regioni italiane con hotel di diverso livello e tipologia.

Al contrario, la maggior parte dei consulenti di marketing applicano il modello che LORO CONOSCONO, tentano di farlo funzionare sul TUO hotel e magari si vantano pure di averti fatto incrementare (se va bene) fatturato e reputazione, ignorando quali sono i VERI indicatori di salute della TUA AZIENDA.

Perché ricorda sempre…

Il fatturato è vanita, l’utile è verità, LA CASSA E’ REALTA’.

P.S. Se stai valutando un rebranding per il tuo hotel e sei indeciso sul da farsi, commenta il post qua sotto o scrivici via mail a info@albergatorepro.com per realizzare un’analisi di fattibilità partendo dai TUOI OBIETTIVI.


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Perché devi apprendere le conoscenze di base del web marketing pur essendo un albergatore?

Anche se stiamo attraversando una fase super positiva in termini di risultati praticamente in tutta Italia, è tornato il momento di parlare di marketing.

Sì, perché, per quanto in questo preciso momento storico le prenotazioni arrivino e la crescita di fatturato sia quasi fisiologica, non puoi MAI abbassare la guardia. Anzi, è proprio in momenti apparentemente favorevoli che la preparazione e le competenze fanno la differenza tra un Albergatore Professionista e un mestierante..

Partiamo dalle basi. Possiamo ormai dare per assodato che, a prescindere dalla destinazione in cui lavori, tu debba ogni anno predisporre un piano e definire le linee guida della tua strategia di marketing.

Senza scendere in dettagli troppo tecnici, facciamo un ripasso dei pilastri sui quali dovrai concentrarti:

  • definire, revisionare o confermare il posizionamento del tuo hotel (boutique hotel, family hotel, adults only, etc.);
  • elaborare una proiezione dei ricavi a tre scenari (negativo, realistico, ottimistico);
  • definire un budget di advertising (costo vivo delle campagne che indirizzerai su Google, Meta e altri canali di promozione);
  • stabilire i sopracitati canali e allocare il budget in funzione del target;
  • definire una tariffazione di partenza coerente con il posizionamento, la reputazione dell’hotel e il budget marketing;
  • impostare un sistema di monitoraggio per verificare costantemente gli andamenti delle campagne e il ritorno sugli investimenti.

Fin qui niente di nuovo sotto il sole.

Il problema è che, con un mercato degli hotel sempre più competitivo e un crescente numero di albergatori consapevoli dell’esigenza di investire per raggiungere risultati concreti, la pressione sulle agenzie web cresce ogni giorno di più.

Se a questo sommiamo anche la difficoltà nel reperire personale qualificato e trattenerlo, capite bene che, considerando il valore strategico del compito, è di fondamentale rilevanza mettersi nella condizione di dialogare con i professionisti del web per poter valutare l’efficacia del lavoro svolto.

Ora, come sapete, sono fortemente convinto che un imprenditore non debba fare micro-management spaccando il capello in dettagli tecnici che non gli competono.

Tuttavia, dato che il costo del marketing di un hotel performante incide per circa il 3% del fatturato, è assolutamente necessario comprendere le basi del web marketing per assicurarsi di avere il controllo dei propri investimenti.

La faccio semplice.

Se in una fase di mercato rialzista tu affidi alla tua agenzia un budget di €30.000 (cifra a caso) e riesci a fatturare €1.000.000 come da previsionale, attraverso una visione panoramica tutto sembrerebbe rientrare nei parametri.

Se invece ti dicessi che, proprio in virtù di questa enorme spinta di mercato, potresti ottenere lo stesso risultato spendendone €20.000? Non ti seccherebbe pensare di averne sprecati €10.000 che potevano rappresentare un extra margine da spendere come volevi o reinvestire in azienda?

Ovviamente i numeri sono presi in maniera casuale e, in funzione del numero di camere dell’hotel e della destinazione, potrebbero cambiare drasticamente… Un 1% di fatturato di differenza costituisce, però, una cifra che potrebbe incidere del 5-10% sui tuoi margini. Proprio per questo meriterebbe tutta la tua attenzione, giusto?

Benissimo, ora seguimi nel ragionamento.

Per prima cosa devi imparare a leggere e interpretare i dati.

Questo perché, quando ti inviano i report di riepilogo (se lo fanno), nel caso in cui i referenti della tua agenzia gigioneggiano, sventolando una leva costi ricavi del 5%, sarebbe facile assecondare l’entusiasmo.

Dopotutto stai investendo €5.000 per ottenerne €100.000. Chi si lamenterebbe?
Se ti dicessi invece che di quei €100.000, €60.000 te li sei portati da casa?

Saresti ancora così soddisfatto considerando anche l’investimento fatto per pagare il lavoro dell’agenzia? Probabilmente no. Quindi è il caso che tu prosegua la lettura.

Lasciami fare una precisazione. Quello che ti sto spiegando non serve a metterti in modalità “inquisizione” e contestare a prescindere il lavoro fatto dall’agenzia con cui collabori, specialmente se esiste un rapporto di fiducia… Al contrario, serve per sviluppare un occhio critico che ti permetta di comprendere, valutare ed eventualmente intervenire per migliorare le performance delle tue campagne di marketing.

Perché diciamoci la verità, tolti pochi e rari casi, in Italia le agenzie web sono aziende generaliste che seguono clienti di ogni tipo, dalla ferramenta agli avvocati, dal gommista allo studio dentistico. Capisci bene che in casi simili è praticamente impossibile, per chi deve promuoverti, comprendere i tecnicismi di un business complesso come l’hotel…

D’altra parte, le poche aziende specializzate hanno letteralmente più clienti di quanti riescono a gestirne, finendo per lavorare “un tanto al chilo” e limitandosi a controllare che la leva costi/ricavi sia sostenibile per il cliente.

Quindi “bene” in senso assoluto, ma “non abbastanza” se vuoi coltivare una cultura d’eccellenza e gestire il tuo hotel da vero Pro.

Ora, per scendere dalla teoria alla pratica, ti riporto di seguito 3 casi in cui il rapporto tra agenzia e hotel è sostanzialmente sano.

La cosa interessante è che, in tutti e 3 i casi, dopo un’attenta analisi condivisa con l’agenzia, le performance sono migliorate oppure, quando non era possibile migliorarle, sono migliorate le condizioni contrattuali a vantaggio dell’albergatore.

Caso n.1: Hotel 3 stelle stagionale, mare.

Budget investito €8.150, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €79.600.

In questa circostanza, il costo del marketing rappresentava il 10,2% dei ricavi, leggermente al di sopra rispetto alle performance medie di mercato, ma considerato comunque soddisfacente dall’agenzia che lo comparava al 18% di Booking.com…

Dopo una prima analisi, però, sono emerse due considerazioni:

  • l’hotel in questione, dato il target e il tipo di soggiorno, non aveva MAI lavorato con Booking; quindi, il riferimento era totalmente fuori contesto;
  • degli €80.000 incassati, €31.200 provenivano dalla sola campagna brand, cioè da qualcuno che stava effettivamente già cercando l’hotel in maniera esplicita. Quindi, al netto dei clienti già legati al brand, il costo REALE delle campagne di marketing era pari al 16,7%… Tutta un’altra storia.

In questo caso, dopo aver comunicato le dovute osservazioni all’agenzia, rivedendo insieme la distribuzione del budget sulle varie campagne, le performance sono migliorate in pochi mesi fino a raggiungere un costo complessivo del 7,3% contro il 10% di partenza.

Ora ti chiederai: com’è possibile migliorare le performance di una campagna (a parità di agenzia), addetto che se ne occupa, budget investito e hotel da promuovere?

Semplice, ci hanno messo maggiore attenzione.

In più, in un contesto dove un solo addetto arriva a gestire anche 20-30 strutture diverse, ti assicuro che l’attenzione dedicata al singolo cambia completamente il risultato dell’attività.

Caso n.2: Hotel 4 stelle, apertura 8 mesi, destinazione di lago.

In quest’altro caso, l’hotel ha deciso di avviare campagne per il mercato estero, prevalentemente in Germania, Austria e Francia.

Budget investito €6.840, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €26.670. Costo del marketing pari al 25,6%.

Ora, posto che in questa situazione esso è nettamente superiore a quello di Booking, il cliente, prima di consultarci, aveva comunque deciso di proseguire con gli investimenti, “giustificandosi” con l’intenzione di investire direttamente all’estero ad un costo equiparabile a quello che avrebbe dovuto sostenere con tour operator.

Piccolo problema: dopo un’analisi delle campagne, è emerso che il 100% dei clienti arrivava dalle campagne brand.

L’hotel stava pagando €4.000 l’anno l’agenzia (oltre al costo vivo delle campagne) per attrarre clienti che già conoscevano la struttura dopo averla scoperta su Booking (che sarebbe stato comunque meno costoso) poiché abituali o spinti dal passaparola.

Ovviamente la strategia è stata completamente rivista: si è continuato a presidiare il mercato con campagne diverse e il costo agenzia è stato assorbito nel contratto precedentemente firmato.

Caso n.3: Hotel 4 stelle, annuale, Roma.

Qui la situazione è ancora più complessa perché, nel mercato delle città d’arte, le poche agenzie credibili hanno instaurato una consuetudine per la quale vengono pagate in percentuale sul totale delle prenotazioni dirette.

In questo caso il costo era del 3%, quindi apparentemente conveniente.

Altro piccolo problema: l’agenzia aveva impostato una specie di “segreto di Fatima“ sul proprio operato in seguito al quale sono state necessarie infinite insistenze per poter accedere ai dati sulle campagne in essere.

E, indovinate un po’? Addirittura il 90% delle prenotazioni generate dalle campagne era riconducibile alla campagna brand.

Come già successo, i clienti avevano visto l’hotel su Booking. Si trattava ancora una volta di clienti abituali e passaparola.

Ora, essendo estremamente complicato attrarre clienti direttamente in un mercato iper-competitivo come Roma, abbiamo soltanto aggiunto una campagna con keyword “a coda lunga” che incrociava vicinanza al punto d’interesse e caratteristiche dell’hotel “Hotel Vaticano 4 stelle”.

Abbiamo poi rinegoziato totalmente l’accordo, ottenendo così l’1% sulle prenotazioni generate dalle campagne brand e il 3% sul fatturato generato dalle altre campagne.

Questi sono soltanto 3 esempi di casi in cui, con il nostro supporto, l’albergatore ha analizzato consapevolmente il proprio piano di advertising ed è riuscito a correggere il tiro monitorando gli investimenti.

Quindi, a prescindere dal rapporto di fiducia con l’agenzia che ti segue, il mio consiglio è quello di sviluppare le competenze minime necessarie per comprendere il linguaggio del web marketing e dialogare alla pari con i professionisti a cui hai affidato il compito di promuovere il tuo hotel.

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Cosa ci aspetta nel prossimo futuro?

Le settimane scorrono alla velocità della luce e, ultimamente, sono completamente immerso nella preparazione del corso 2023 (se mi segui su Instagram sai già di cosa parlo).
Tuttavia, penso che sia molto importante per chi ha scelto la carriera da imprenditore, fermarsi di tanto in tanto e fare il punto della situazione.

Nell’ultima riunione ho chiesto a tutti i consulenti del team di preparare i previsionali dei clienti che supportiamo per analizzare insieme i numeri e, per quanto avessi in parte già annusato il profumo nell’aria, i risultati sono SBALORDITIVI.

Le prenotazioni VOLANO.
La retta media cresce vertiginosamente, con picchi del + 86%.

Ovviamente tutto va contestualizzato alla destinazione, ma la sostanza NON cambia.

Ci troviamo, e non da ieri, in una fase di mercato FORTEMENTE RIALZISTA. Siamo vicini ai massimi? Probabile, ma questo è difficile da prevedere.

In ogni caso il messaggio che voglio darti è semplice: in questa fase MIGLIORARE non è un indicatore di salute. Questo perché, nella fase che stiamo attraversando, migliorare le performance è IL MINIMO SINDACALE.

Quindi, la vera domanda che devi porti é: sto migliorando ABBASTANZA?

Per mia esperienza la maggior parte degli albergatori NON è in grado di rispondere per diversi motivi:

  1. Previsionale: incredibilmente nel 2023 ci sono ancora migliaia di albergatori che NON controllano il previsionale se non in prossimità dei picchi di stagionalità;
  2. Ancora troppi albergatori NON hanno uno storico dinamico solido e aggiornato e NON sanno rispondere alla domanda “quante prenotazioni avevo sul previsionale a febbraio 2022?”;
  3. Pur avendo uno storico attendibile da confrontate con il previsionale NON hanno idea di quali siano i riferimenti di mercato e non sanno se sono in ritardo/in linea/in vantaggio rispetto alla media di destinazione.

Ora, c’è ovviamente sempre tempo per recuperare e mettersi in condizione di misurare le proprie performance, ma ti lascio un monito.

Cosi come durante il Covid professavamo fiducia, con la promessa che tutto sarebbe passato e sarebbero tornati tempi di abbondanza, oggi ti ricordo che TUTTE le fasi economiche iniziano e finiscono.

Il Bengodi non durerà per sempre e, prima o dopo, incontreremo il punto di rottura, dove il mercato non sarà più in grado di assorbire rialzi continui senza perdere occupazione.

Cosa fare quindi?

Pensa a 10 anni.

Reinvesti gli utili nella struttura, migliora la qualità del servizio, coltiva LE TUE PERSONE CHIAVE.

Perché quando la corrente smetterà di spingere anche i sassi, i valori si riallineeranno, chi avrà progettato il futuro continuerà a prosperare e chi avrà vissuto alla giornata conoscerà nuovi tempi bui.

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Procedure e delega: liberati dal senso di colpa e fai crescere il tuo hotel!

Nella terza Masterclass 2023 abbiamo fatto il punto insieme a 70 albergatori per quanto riguarda lo staff e abbiamo rilevato qualche piccolo miglioramento rispetto al biennio appena trascorso.

Chiariamoci, i professionisti qualificati sono rari come l’acqua nel deserto, le persone continuano ad essere mediamente inaffidabili ma, se non altro, il numero di candidati che rispondono agli annunci cresce sensibilmente rispetto alla carestia assoluta del periodo Covid.

A fronte di tutto ciò, in un contesto dove i prezzi salgono e le prenotazioni continuano ad arrivare, la gestione dello staff ha decisamente scalato la classifica delle priorità per gli albergatori.

Come sempre ci tengo ad essere onesto, la situazione di partenza non è delle migliori…

La maggior parte degli hotel ancora non ha un organigramma, un po’ per scarsa attenzione al problema, un po’ perché la generazione precedente ha tramandato il modello del “tutti fanno tutto” che, se anni fa poteva ancora funzionare (per lo meno in strutture di piccole dimensioni), oggi, con il livello di responsabilità delle nuove generazioni di lavoratori, diventa assolutamente controproducente.

Ecco perché è importante che tutti i collaboratori abbiano chiari i ruoli e il flusso di comunicazione, in modo da sapere a chi rivolgersi quando si presenta un problema.

Sappiamo tutti che in hotel i problemi sono all’ordine del giorno e, se non si chiarisce il flusso di comunicazione, chiunque abbia un problema si rivolgerà direttamente a te, distraendoti da quelle che sono le tue vere priorità.

Altro aspetto fondamentale sono le procedure, ma da questo punto di vista siamo relativamente “fortunati”.

Infatti, per quanto l’hotel sia oggettivamente un sistema complesso, è costituito da 4 reparti principali con funzioni specifiche e complementari: ricevimento, housekeeping, sala, cucina.

Certo, in strutture di grandi dimensioni sono presenti manutentori, giardinieri, può esserci una spa, ma una volta definiti i ruoli e coordinati i 4 settori principali di cui sopra, la spina dorsale dell’organizzazione è fatta e, di conseguenza, gestire i flussi risulta sicuramente più semplice.

Nello specifico, durante i due giorni di Masterclass, abbiamo diviso la classe in gruppi, ognuno dei quali ha lavorato sulle procedure di uno dei 4 reparti, condividendo le diverse esperienze e realizzando una guida che presenta dei principi fondamentali che possiamo considerare uno standard, con le relative declinazioni in funzione delle tipicità strutturali e organizzative.

Come detto, da questo punto di vista andiamo leggermente meglio rispetto all’organigramma, nel senso che molti hotel partono con delle procedure di base che, però, sono solitamente troppo sintetiche o, al contrario, troppo elaborate.

Il problema sta nel fatto che, se le procedure sono troppo sintetiche, richiedono spiegazioni aggiuntive e continue interruzioni del flusso lavorativo. Se, invece, per ogni reparto si crea un vangelo di 30 pagine, il risultato è che il manuale viene letto (forse) il primo giorno di lavoro e poi finisce nel cruscotto della macchina o in un cassetto della scrivania.

Secondo la mia esperienza, il modello più funzionale è un manuale basato principalmente su elenchi puntati e numerati, “modello check-list”, che non superi le 3 pagine per reparto.

A questo, ovviamente, sarà possibile integrare una sezione di video brevi per procedure specifiche tipo: pulire la macchina del caffè, disinserire l’allarme antincendio, sbloccare la cassaforte, impostare il condizionatore.

Dopodiché arriva il momento dell’’applicazione e qui si apre un altro discorso infinito. Infatti, molto spesso, anche chi ha investito tempo per creare un organigramma e guide funzionali, alla prova sul campo risulta allergico alla delega.

Di seguito ti riporto lo schema tipo più diffuso che si ripete più o meno all’infinito:

  1. creo procedure;
  2. condivido procedure;
  3. si presenta un problema;
  4. un addetto prova a risolverlo (o dice di averci provato) senza riuscirci;
  5. viene a chiedere aiuto a me direttamente;
  6. intervengo per risolvere (“perché tanto questo non capisce e faccio prima a farlo che a spiegarlo”).

Ora, se pensi che il processo che ti ho presentato qui sopra sia un’eccezione, ti assicuro che ti sbagli. Te lo dice uno che incontra centinaia di albergatori all’anno e ne visita altrettanti di diversa dimensione e classificazione.

Proviamo a capire insieme i motivi di un malcostume che, più o meno inconsapevolmente, causa danni per decine di migliaia di euro (quando non sono centinaia) ad ogni albergatore che lo commette.

Il primo, per mia esperienza, è costituito dalla confusione nel distinguere urgenze e priorità. Facciamo quindi un breve ripasso.

Urgenza: un’attività che non è possibile rimandare perché richiede di essere risolta immediatamente.
Esempio: un tubo che perde, un condizionatore rotto in una giornata con 40 gradi all’ombra, un ospite che perde un bagaglio pochi minuti dopo l’arrivo.

Priorità: un’attività strategica, di primaria importanza, il cui svolgimento ha un impatto economico ed organizzativo determinante per la gestione dell’hotel.
Esempio: selezione e gestione delle persone, creazione di un piano marketing strategico, gestione dei prezzi, controllo di gestione, pianificazione fiscale.

Ora, nel caso servisse ricordarlo, nella mia famiglia siamo alla quarta generazione di albergatori e so perfettamente che gli esempi riportati nella categoria “urgenze” sono situazioni importanti da gestire con la massima attenzione.

La differenza sta nel fatto che, se sono io il gestore, delle urgenze devo occuparmene occasionalmente (2-3 volte l’anno, 1 volta al mese massimo), mentre delle priorità devo occuparmene personalmente sempre. Per lo meno fino a quando, se le dimensioni della struttura me lo consentono, non sono in grado di delegarle, almeno in parte, a qualcuno che sia altamente specializzato, ma che comunque dovrò affiancare prima e controllare poi.

Qual è il motivo di questa netta distinzione e assegnazione dei compiti?
Solitamente nei master di gestione aziendale si spiega il concetto di valore del tempo.

Esempio: se la mia azienda fattura €1.000.000 in 365 giorni di apertura e io sono responsabile dei risultati, una mia giornata di lavoro vale €2.700. Ora dividi il valore di una giornata per il numero di ore lavorate e trova il valore di una tua ora di lavoro.

Nel caso dell’esempio, se lavorassi 10 ore al giorno, il valore di una mia ora di lavoro sarebbe circa €270.

Capisci bene che se dedico una mia ora di lavoro a fare il manutentore per sbloccare una cassaforte, non sto facendo un impiego intelligente del mio tempo, specialmente se mentre lo faccio sto “rubando tempo” alle mie vere priorità come imprenditore. Per completare il discorso, se un manutentore o un collaboratore costano €15 l’ora per le attività a basso valore aggiunto, delegarle è una mia responsabilità nei confronti dell’azienda che dirigo.

Ora mi sembra già di sentirti…

“Eh, ma io conosco la casa da 30 anni, come lo faccio io non lo fa nessuno”.

Devi creare una procedura e aggiornarla fino a quando, leggendola, i tuoi collaboratori non riusciranno a svolgere la funzione in autonomia.

“Eh, ma io di ore ne faccio 16 quindi al massimo dormo meno, ma faccio tutto”.

Poi non lamentarti se quando passano i momenti di picco sei STREMATO, odi questo lavoro e non riesci più a relazionarti con i clienti. O, ancora peggio, inizi a pagare con la TUA SALUTE.

Riassunto, puoi occuparti dei lavori a basso valore aggiunto SOLO:

  • dopo aver gestito le PRIORITA’;
  • dopo aver creato delle procedure che permettano ad altri di svolgere quelle attività in tua assenza;
  • se ti appagano personalmente e li consideri un hobby (tipo annaffiare le piante in giardino), MA SOLO DOPO AVER RISPETTATO I PUNTI PRECEDENTI.

“Però Gian Marco, il discorso sul valore del tempo lascia il tempo che trova perché anche i miei nonni fatturavano, ma trovavano comunque il tempo per riparare i lavandini, accompagnare i clienti in stazione, servire ai tavoli, etc.”.

Certo, chiaro, ma i tuoi nonni…

  • Dovevano leggere e rispondere alle recensioni?
  • Dovevano aggiornare le OTA?
  • Dovevano gestire i prezzi dinamici?
  • Dovevano occuparsi di creare, monitorare campagne di advertising e aggiornare i social network?
  • Dovevano investire un budget per cercare il personale, pensare a piani incentivi, benefit e insegnare le basi dell’educazione ai membri dello staff?
  • Dovevano configurare e gestire le decine di software che usi quotidianamente per svolgere le attività lavorative?

Te lo dico io… No che non lo facevano, perché lavoravano in un’altra epoca. Un’epoca sicuramente più difficile da un punto di sacrifici fisici, ma assolutamente privilegiata in termini di mercato.

Infatti, fino a 20 anni fa, in Italia gli hotel avevano “i clienti di cittadinanza”. L’unico ostacolo al raggiungimento del fatturato erano la pioggia al mare e la mancanza di neve in montagna, fine.

Ora capisci bene che, con il fatturato “praticamente garantito”, le uniche strategie che facevano davvero la differenza sulla marginalità erano:

  • compra solo dai fornitori che costano meno per risparmiare;
  • lavora più che puoi per risparmiare sui dipendenti.

In un contesto del genere era assolutamente normale, quasi doveroso, occuparsi di certe cose. Se non lo avessero fatto, di cos’altro si sarebbero dovuti occupare?

Non sto in nessun modo incentivando la nuova generazione di albergatori a trasformarsi in una categoria di colletti bianchi incapaci di avvitare una vite.

Al contrario, per fare l’albergatore serve un forte spirito di sacrificio e il senso pratico ha sempre fatto e sempre farà la differenza.

Per quanto formalmente gli hotel siano aziende di servizi, lavoriamo con “cose e persone”, quindi è obbligatorio mantenere un contatto diretto con la realtà. Questo, però, è un rischio davvero limitato perché la realtà ci sbatte in faccia il promemoria ogni girono.

Il problema caso mai è contrario.

La maggior parte degli albergatori, infatti, sono ancora giornalmente inghiottiti da attività manuali a bassissimo valore aggiunto.

Inoltre, seppur si dimostrino (a bocce ferme) perfettamente consapevoli di questo enorme limite organizzativo, ad un ogni apertura, puntualmente, ricadono nel tunnel dell’operatività.

Così, dal momento che ho troppa stima di certe persone per pensare che lo facciano “per distrazione”, ho investito parecchio tempo ad indagare per capire insieme a loro i veri motivi di questo reiterato malcostume.

E sai cosa è emerso dalle confessioni a microfoni spenti?

Che molto spesso la causa è il senso di colpa.

Quello che succede è che, pur studiando, aggiornandosi e comprendendo l’importanza di creare procedure, delegare e dedicarsi alle priorità imprenditoriali, c’è una vocina nel subconscio che li riporta sempre sulla vecchia strada.

La vocina dice più o meno così:

“Ma se i miei nonni/genitori, che hanno costruito l’hotel, per 30 anni si sono sempre sporcati le mani cucinando, servendo ai tavoli, facendo lavori di manutenzione etc., chi sono io per pensare di gestire l’hotel dalla scrivania dedicandomi solo ai numeri, alle persone e alle attività di concetto?”.

E attenzione, perché qualora non sentano la vocina nella propria testa, spesso ci pensano proprio i suddetti nonni/genitori a mettere in scena una reprimenda cantata in grado di sopprimere le velleità manageriali anche del più audace degli eredi.

“Bene”, sappi che non sei solo. Ora che hai preso coscienza del problema, portandolo dallo stato inconscio allo stato conscio, non puoi più permetterti di ignorarlo.

Devi, il prima possibile, fare un reset della tua impostazione mentale e installare un nuovo mindset perché, oggi, gli hotel che crescono sono quelli guidati da imprenditori, mentre gli albergatori che sono ancora invischiati nell’operatività perdono competitività ogni giorno.

L’eredità di chi ha fondato l’albergo non si onora facendo sacrifici inutili che portano solo a perdere lucidità e a farti odiare il mestiere.

Se vuoi imparare un metodo di comprovata efficacia che ti permetta di migliorare fatturato e margini del tuo hotel, consentendoti di vivere una vita che meriti di essere vissuta, rimani connesso.

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I soldi fanno davvero la felicità?

Perché, nonostante guadagnino abbastanza per essere felici, molti albergatori italiani sono stanchi di fare questo mestiere?

A prescindere da come la pensi sull’argomento “soldi-felicità”, proviamo a fare insieme alcune considerazioni.

Secondo una ricerca commissionata da ABI, in Italia le società di capitali che gestiscono hotel (codice Ateco 55.10) fatturano in media circa €750.000/anno.

Considerando un margine operativo lordo di circa il 40% per un’azienda sana, è facile intuire che gli utili, al netto di eventuali mutui e affitti, posizionano il “gestore medio” comodamente sopra la cosiddetta “soglia della felicità” di €84.000.

Ora, posto che in Italia, nel nostro settore, sono ancora molto diffuse le società di persone rispetto a quelle di capitali, e che queste non hanno dati pubblici di bilancio, sappiamo tutti quanti che il fatturato è comunque un dato aleatorio, non sempre corrispondente ai reali risultati (come mio solito sono qui per dire le cose come stanno).

Ciò non di meno, il mestiere di albergatore è considerato sempre più difficile dalle nuove generazioni che, molto più frequentemente rispetto al passato, valutano nuove strade.

Allora, se questo mestiere permette di “guadagnare abbastanza per essere felici”, perché i giovani scappano dall’hotel?

Per prima cosa sappi che se ti è capitato di valutare l’ipotesi di mollare, non sei l’unico e non c’è niente di strano. Detto questo, a mio parere i motivi sono diversi e collegati tra loro.

Partiamo con le premesse.

Sono ormai abbastanza vecchio da aver attraversato due momenti di “crisi” relative agli hotel.

Il primo nel 2012 con le conseguenze della crisi finanziaria globale, che ha creato un terremoto tale da compromettere i risultati di migliaia di hotel in Italia.

Per la prima volta nella storia si è passati da un contesto dove “ce n’è abbastanza per tutti” a un contesto realmente competitivo dove “c’è sempre di più”, ma solo per chi impara le nuove regole del gioco.
Nasce in quegli anni una REALE esigenza di marketing per gli hotel, che perdono il privilegio del “cliente di cittadinanza” e devono strutturare un piano per raggiungere i propri obiettivi di fatturato.

Il secondo momento di svolta avviene nel 2020, quando il Covid SPEGNE letteralmente l’intero settore per mesi, obbligando migliaia di strutture alla chiusura.

In qualche modo questo fenomeno globale diluisce nuovamente le responsabilità del singolo imprenditore attraverso il passaggio violento, poiché avvenuto in pochi mesi, dal “non c’è niente per nessuno” al “revenge tourism”, che nel 2023 si manifesta in tutta la sua evidenza, generando una percezione di abbondanza generalizzata.

Detto questo, il Covid ha portato i suoi effetti NON solo in termini economici. Ha stravolto completamente gli equilibri psicologici di MILIARDI di persone nel mondo.

Obbligando il mondo a fermarsi, infatti, operai, professionisti, manager e imprenditori (senza distinzione di classe) si sono ricordati che esiste una vita oltre al lavoro e che quella dovrebbe essere la nostra priorità.

Tutto questo ha comportato inevitabili conseguenze sociali, con effetti diretti sul turismo mondiale.

Vediamo ora insieme quali, secondo la mia esperienza, sono i principali fattori di “sofferenza” e insoddisfazione che la nuova generazione di albergatori sta attraversando in questo delicatissimo momento storico.

Prima di cominciare ti ricordo che, quando condivido questo genere di analisi, riporto principalmente le confessioni raccolte durante i colloqui con le centinaia di albergatori che incontro ogni anno.

Sei pronto? Cominciamo

Salute fisica: viviamo in un’epoca dove l’importanza percepita di “essere in salute” è cresciuta esponenzialmente.
Attenzione: per essere in salute NON si intende, come per la generazione precedente, NON avere un brutto male, bensì occuparsi consapevolmente di proteggere e curare il proprio benessere psicofisico, PRIMA che sia troppo tardi.

Avere il mal di schiena cronico, essere in sovrappeso e convivere con livelli di stress oltre la soglia di allarme erano cose considerate assolutamente normali fino a vent’anni fa. Anzi, per un inspiegabile meccanismo perverso, la soglia di sopportazione del sacrificio era considerata, dalla generazione precedente, una sorta di “medaglia al merito”.

Ho memoria diretta di albergatori che, nonostante infortuni fisici “durante la stagione”, hanno rimandato qualunque visita all’autunno “perché in estate non si può star male”.

Allo stesso modo, quando mi occupavo di software, ho visto con i miei occhi centinaia di albergatori lavorare in inverno, in strutture chiuse, con temperatura da frigo e umidità insostenibile, con cappello in testa e stufetta ai piedi “perché il cloud costa troppo”.

E non ti parlo di persone economicamente in difficoltà, ti parlo di imprenditori che guadagnavano 100-200-300 mila euro l’anno e che convivevano PER SCELTA con influenza, artrite e reumatismi per risparmiarne mille.

Se ti riconosci in una delle situazioni di cui sopra, non sentirti in alcun modo offeso da queste considerazioni, io stesso ho vissuto in famiglia situazioni simili.

Fa parte del normale processo di evoluzione scontrarsi con l’eredità del “abbiamo sempre fatto così”.

L’importante è prenderne coscienza e provare a mettere nero su bianco le cause della vostra eventuale insofferenza al mestiere.

Stress/salute mentale: trovare e gestire il personale, raggiungere il budget, pagare le rate del mutuo o dell’affitto, ristrutturare, trovare il tempo per dedicarsi alla famiglia sono solo alcuni dei mille pensieri con cui oggi convive un albergatore.

Ora, posto che è inevitabile avere pensieri quando si gestisce un’impresa, il problema nasce quando i pensieri si trasformano in PAURE.

E sai qual è il principale antidoto contro la paura? La CONOSCENZA.

Gestire un hotel nel 2023 comporta la necessità di acquisire competenze che fino al 2008 erano assolutamente superflue.

Al giorno d’oggi saper fare marketing, leggere un bilancio, attrarre, motivare e coinvolgere le persone NON sono aspirazioni per appassionati di formazione e crescita personale, ma REQUISITI MINIMI per competere.

Se vivi costantemente con l’ansia per uno o più dei fattori sopra citati, sappi che sviluppare le tue conoscenze ti permetterà di affrontare ogni aspetto con maggiore consapevolezza e serenità.

Relazioni: è scientificamente dimostrato che la qualità della vita dipende STRETTAMENTE dalla qualità delle relazioni sociali che instauriamo.
Conflitti familiari, “lotte di successione”, compromessi con collaboratori e soci sono all’ordine del giorno e questo lo sappiamo tutti.

Ricorda che, anche se ognuno di noi ha una propria e personalissima soglia di sopportazione, NESSUNO è realmente impermeabile alle relazioni tossiche.

Rancore, invidia, gelosie, frustraziome, nervosismo costante, creano un comprovato indebolimento del sistema immunitario e generano le condizioni ideali per conseguenze ancora peggiori in termini di salute.

In questo caso, il consiglio è quello di ascoltarsi e ammettere a sé stessi (con brutale onestà) se stiamo convivendo con normali conflitti emotivi o se stiamo accettando compromessi che inquinano la nostra salute fisica e mentale.

Controllo: qui è fondamentale riconoscere una verità incontrovertibile.

Se NON hai un tuo piano marketing, dipendi completamente dalla destinazione che ti ospita.

Per dirla in altre parole: sei completamente in balia del mercato.

Se la tua destinazione “va bene”, vai bene anche tu nella misura della dimensione, classificazione e reputazione del tuo hotel. Se la tua destinazione “va male”, vai male anche tu.

Per quanto abbiamo ripetuto centinaia di volte che la destinazione in cui lavori determina i confini entro i quali puoi crescere, c’è un’altra parte della verità che forse non ho ripetuto abbastanza: la differenza tra un TOP performer e il livello medio della destinazione oggi arriva al 25-30%.

Questo significa che, a parità di dimensioni e classificazione, un albergatore “normale” fattura €750.000, mentre un Albergatore Pro ne fattura €1.000.000 con una crescita esponenziale in termini di UTILI.

Quindi la verità è che se decidi di seguire la corrente, ti sei auto-condannato ad un destino dove l’unica “strategia” è alzare gli occhi al cielo e sperare “che Dio te la mandi buona”. Se, invece, accetti di assumerti la responsabilità dei tuoi risultati, PUOI FARE LA DIFFERENZA per te, per il tuo hotel, per i tuoi CARI.

Attenzione però, perché se è vero come è vero che oltre una certa soglia “i soldi non fanno felicità”, CRESCERE NON significa solo aumentare il fatturato, assorbire l’incremento di costi, e proteggere i tuoi utili, ma implementare un metodo che ti permetta di avere un equilibrio SANO tra lavoro e vita privata per gestire al meglio il tuo hotel, senza rinunciare a prenderti cura della tua salute e dedicare tempo alle persone importanti della tua vita.

La buona notizia per te è che, al prossimo Albergatore Pro, parleremo anche di questo tema. Il programma è ormai interamente definito e lo pubblicheremo entro poche settimane.

L’obiettivo per il corso 2023 non è più semplicemente “creare la migliore edizione di sempre”, anche purché la questione è molto soggettiva e riguarda la percezione e la condizione individuale del momento, di ogni singolo partecipante.

L’obiettivo è introdurre spunti COMPLETAMENTE nuovi che possano proiettarti 10 anni avanti rispetto ai competitor.

Affronteremo argomenti che saranno considerati “avanti” nel 2033, quando tu potrai dire “io queste cose le ho imparate ad Albergatore Pro 10 anni fa.

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Perché dovresti festeggiare l'arrivo di un nuovo competitor forte nella tua destinazione?

Notizia dell’ultima ora: Marriot sbarca a Como e si prepara a riconvertire lo storico Hotel Grand Bretagne sotto il brand Ritz Carlton.

Ora, considerando la crescita progressiva vissuta negli ultimi anni dalla prestigiosa destinazione lombarda, nulla di sconvolgente, se non che, come spesso accade, la notizia ha acceso un dibattito sulle pagine social locali, creando due fazioni opposte:

  • da una parte chi è diffidente per l’arrivo di un altro operatore internazionale perché avrebbe preferito un imprenditore locale;
  • dall’altra chi invece accoglie di buon grado un nuovo brand in grado di dare ulteriore lustro alla destinazione.

Facciamo un passo indietro.

Tenendo in una categoria a parte le città d’arte, Como è indubbiamente una destinazione d’élite (da un punto di vista turistico), che si siede al tavolo con una ristretta cerchia di sorelle con lo stesso grado nobiliare in Italia: Courmayeur, Cortina, Madonna di Campiglio, Portofino, Forte dei Marmi, Capri, Positano, Porto Cervo, Taormina.

L’arrivo del primo gruppo internazionale sul lago risale al 2015 con Hilton, seguito a ruota da Sheraton e Mandarin Oriental.

Ora, a prescindere dalla tua opinione personale, vediamo insieme cosa accade da un punto di vista tecnico, quando un brand di catena “atterra” in una nuova destinazione….

Punto primo: i fari del mondo si accendono su quella destinazione.

Oltre a portare una nuova visibilità data dai clienti e fan del marchio, che scopriranno il nuovo hotel on-line e su tutti i “cataloghi” della catena in questione, i dati diventano trasparente e questo fa tutta la differenza del mondo.

Ti sarai reso conto che purtroppo, in Italia, i dati relativi agli hotel sono ancora molto approssimativi e protetti da “un segreto professionale” che limita la condivisione e scoraggia gli investitori, nazionali ed internazionali.

Quando arriva una catena, invece, essendo la maggior parte di queste già presenti su piattaforme di condivisione tipo STR, in un attimo, come per magia, le performance del nuovo hotel sono consultabili e misurabili da tutte le altre catene internazionali, innescando un virtuosismo competitivo.

Devi sapere, infatti, che nessun operatore internazionale investirebbe mai in una destinazione dove non esiste uno storico che certifica le prestazioni degli hotel e il potenziale ritorno sull’investimento.

Al contrario, una volta resi trasparenti i dati, le valutazioni reddituali diventano semplici e immediate. Inoltre, se la destinazione ha performance competitive, gli hotel disponibili alla vendita diventano immediatamente più appetibili.

Punto secondo: il prezzo medio della destinazione impenna

Ipotizziamo che tu stia gestendo un hotel in una destinazione dove è appena sbarcato un operatore internazionale, ma che vendere non rientri tra i tuoi piani.

Diciamo anche che il tuo hotel sia al vertice della piramide per quanto riguarda il prezzo a camera per il contesto di riferimento.

Se tu stai vendendo a una media di €250 a notte e arriva un competitor che alza l’asticella a €400 €, ecco che il tuo hotel, che prima risultava essere “costoso”, in un attimo diventa “conveniente” rispetto al nuovo, sia a parità di reputazione, che di condizioni strutturali, con tutto ciò che ne consegue in termini di percezione del rapporto “qualità-prezzo” e possibili rialzi di prezzo.

Considera che, anche se il tuo hotel non si posiziona al vertice della piramide, per effetto domino, anche i prezzi degli hotel che si trovano più in basso nella scala di valore vedono crescere i prezzi, proporzionalmente.

In ogni modo, anche se la tua destinazione non ha un appeal sufficiente per attirare un brand internazionale, il fenomeno si ripete, seguendo lo stesso identico schema anche quando arriva un compitor forte con una struttura più nuova, una classificazione e un prezzo medio superiore a quello a cui stai vendendo ora, a prescindere che l’hotel batta bandiera americana o sia stato acquisito da un tuo vicino di casa.

Ora, mi rendo conto che, se non hai mai vissuto una dinamica simile, questo ragionamento può sembrarti controintuitivo. Infatti, mi è capitato decine di volte in passato, che albergatori con cui collaboravo mi chiamassero terrorizzati per annunciarmi l’arrivo di “un nuovo mostro a farci concorrenza”.

Immagina la mia reazione quando accoglievo la notizia esultante come se avessi appena ricevuto un bonifico 🙂 .

Altro aspetto da non sottovalutare relativamente alla questione, è l’atteggiamento della pubblica amministrazione locale quando si configurano opportunità simili in destinazioni turistiche “minori.”

Essendo la politica, come normale che sia, composta da politici e non da addetti ai lavori, nel 99% di casi il meccanismo che ti ho appena descritto viene completamente ignorato. Anzi, paradossalmente, quando un operatore internazionale manda i suo emissari a sondare il terreno per valutare opportunità d’acquisto, a volte si innesca un vero e proprio sistema di ostracismo atto a “disinnescare l’incursione straniera”.

In pratica, nel tentativo di assecondare l’opinione pubblica, si procede al grido di “priorità agli imprenditori locali”, con una propaganda mediatica che mette pressione agli investitori del territorio per farsi avanti, cogliere un’opportunità ed evitare che “un patrimonio locale venga venduto all’estero”, spauracchio che va di gran moda.

Adesso chiamiamo le cose con il loro nome: questo non è altro che provincialismo.

In nessun modo un progetto imprenditoriale dovrebbe essere giudicato in base alla provenienza dell’investitore.

Al contrario dovrebbe essere valutato in base al potenziale di sviluppo e al valore aggiunto che è in grado di portare al territorio.

Per capirci, quando arriva un brand internazionale in una destinazione di provincia italiana qualunque, quello che accade è che il livello della competizione si alza, i prezzi aumentano e si crea una nuova ricchezza che viene distribuita anche sul territorio.

Ovviamente, dal momento che ogni medaglia ha il suo rovescio, non è chiunque arrivi da fuori sia da privilegiare agli imprenditori locali, ma nel momento in cui le credenziali sono di prim’ordine, il progetto è sostenibile ed esiste un piano di sviluppo pluriennale, quello che dovrebbe fare l’amministrazione pubblica è AGEVOLARE l’ingresso di un nuovo operatore, concedendo deroghe, vantaggi e, magari, dando la possibilità di costruire laddove ne esiste la possibilità, coerentemente con il piano urbanistico locale.

E tu? Hai mai vissuto i vantaggi dell’arrivo di un competitor di livello superiore nella tua destinazione?

Sei interessato a conoscere TRE delle destinazioni dove nei prossimi anni sbarcheranno PER LA PRIMA volta nuovi brand di catena?

Se stai valutando nuovi investimenti, seguimi su Instagram per cogliere le anticipazioni e portarti avanti nelle trattative.

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Jesolo crea la prima foresteria per il personale

Il progetto, lanciato ufficialmente un anno e mezzo fa, sta ora prendendo corpo con l’individuazione di una struttura alberghiera da destinare a foresteria, ovvero ad ospitare i dipendenti delle strutture ricettive della città.

In questi giorni è stato trovato un accordo con la famiglia proprietaria dell’hotel, che prevede il suo utilizzo per il personale di altri alberghi. La disponibilità e la fruibilità delle camere saranno vincolate da un regolamento steso da Aja e reso noto agli associati.

Si tratta del primo caso in Italia di una foresteria al servizio di un’associazione di categoria, realizzata attraverso la valorizzazione di strutture alberghiere esistenti e commercialmente meno competitive di un tempo.

L’obiettivo è di diventare ulteriormente attrattivi per le tante professionalità di cui le nostre attività necessitano.

Parallelamente, infatti, parte un doppio filone strategico rivolto al recruiting di lavoratori stagionali: un sito dedicato ed una campagna di “marketing territoriale” denominata “Lavorare a Jesolo, il mare delle opportunità”.

Grazie al sito, i lavoratori potranno entrare direttamente in contatto con la città inviando i loro curricula, che saranno aggiornati di settimana in settimana.

Attraverso questo portale vengono evidenziate le professionalità richieste, ma anche le opportunità offerte ai potenziali collaboratori: dalla crescita professionale alla possibilità di alloggio, fino ai vantaggi derivanti dal trovare occupazione in una città dall’alta qualità della vita e dove la “stagionalità” ha una durata media di almeno cinque mesi.

La campagna di comunicazione riguarderà i social e i mezzi radiofonici e sarà tesa a evidenziare tutti i vantaggi di lavorare a Jesolo. Essa avrà inizio da questo mese e terrà conto dei periodi di maggiore richiesta di personale sulla base della stagionalità della città.
Le attività comprenderanno l’invio di DEM apposite, la creazione e cura di canali social ad hoc (LinkedIn, Facebook, Instagram), l’avvio di campagne di paid advertising, la partecipazione di Aja ad un evento rivolto agli istituti alberghieri.

Il loro obiettivo ultimo sarà quello di spingere quanti più professionisti del settore turistico a scegliere Jesolo come località di lavoro.

“Aja ha deciso di affrontare di petto il problema del personale – conclude il presidente Contarini – individuando soluzioni e progetti concreti. E’ un nostro dovere come imprenditori e come associazione della categoria a maggiore valore aggiunto della località”.

E tu? Al netto delle iniziative della tua destinazione, in che modo ti stai muovendo per attirare i migliori candidati per il tuo hotel?

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